La strage silenziosa delle donne indiane senza dote


Da noi la dote è qualcosa fuori moda, un’usanza delle nostre nonne che ci fa pensare a bauli colmi di asciugamani, lenzuola e tovaglie ricamate a mano destinate ad essere sfoggiate di rado. In India questo termine invece rappresenta una vera e propria piaga sociale, un terribile dictat imposto alle donne di questo Paese. Sostanzialmente si tratta nello stabilire il prezzo della sposa.

La Presidentessa dell’India, Pratibha Patil ha definito qualche giorno fa quella della dote “ una pratica inumana, una ghigliottina sociale, che provoca nella società la diffusione dell‘infanticidio femminile”.

Nelle campagne indiane accade infatti che la famiglia dello sposo richieda una dote troppo alta a quella della sposa, e che la famiglia della sposa, quando è povera, vada in rovina per pagare sia la dote sia le alte spese della cerimonia di nozze, con i pranzi e i festeggiamenti che coinvolgono tutto il villaggio.
Poiché il matrimonio è una delle tappe più importanti nella vita di un indiano, i genitori di una ragazza arrivano ad indebitarsi per anni pur di assicurare alla figlia una dote consistente.

È facilmente comprensibile, allora, che avere più di una figlia costituisca un vero e proprio problema per una famiglia povera. Un figlio maschio, inoltre, è di solito preferito ad una femmina poiché quest’ultima, una volta sposata, lascia definitivamente la casa paterna per dedicarsi ai genitori e alla famiglia dello sposo, mentre il figlio rimane nella casa dei genitori, di cui si prenderà cura, ereditandone tutti i beni.

La conseguenza è un atteggiamento di particolare cura nei confronti dei figli maschi e trascuratezza verso le bambine, dall’alimentazione, alla salute, per arrivare all’istruzione, fino ai casi più drammatici di aborti di bambine.

Quello del dauri, della dote, è un problema annoso e internazionalmente noto, come dimostra la denuncia del fenomeno elaborata con ricchezza di dati da un dipartimento delle Nazioni Unite, la “Division for the Advancement of Women”: l’analisi si intitola Strategies for Combating the Dowry and the Domestic Violence in India, è del 2005 ma conserva tutta la sua attualità.

La Presidentessa Patil ha definito il 6 ottobre scorso l’obbligo della dote “una condanna inumana” perché produce il feticidio femminile e ha esortato a sradicare questa pratica a partire dal Panjab, uno stato agricolo dove le tradizioni – compresa quella della dote – sono ancora molto radicate.

Rispondendo alla Presidentessa, il primo ministro del Panjab, Parkash Singh Badal (leader del partito sikh Shiromani Akali Dal) si è impegnato a combattere la violenza contro le donne in ogni campo ed a sostenere una “politica delle quote” in favore delle donne nelle istituzioni pubbliche.