Papa Wojtyla e Anna Teresa Tymieniecka: la grandezza di un uomo si rivela dall’amore

C’è chi voleva fosse uno scandalo, ne sono certa. Avranno sicuramente pensato che rivelare il suo lato più umano e debole avrebbe rappresentato un duro colpo per la sua immagine di santo e per la Chiesa stessa. Ma lui, così eccezionalmente diverso da tutti gli altri, da un’accusa così, seppur velata, ne esce a testa alta e anzi diventa ancora più straordinario ai miei occhi.
Sì perché, anche se il carteggio ritrovato nella Biblioteca nazionale di Polonia dal giornalista Edward Stourton e raccontato all’interno del documentario della BBC, vuole dimostrare un rapporto intenso tra l’allora Vescovo di Cracovia, poi divenuto Pontefice, e la filosofa americana Anna Teresa Tymieniecka l’unica cosa che ne emerge è un sentimento forte, duraturo e intimo durato oltre trent’anni.
Non una macchia alla sua santità, non una lettera scarlatta sulla sua intatta figura così grande.

Era una donna sposata la destinataria delle lettere di Papa Wojtyla” hanno titolato ieri alcuni giornali, ma neanche questo ha potuto e può fare la differenza.
Uomini così grandi come lui, così santi, sono uomini soli. E io me lo immagino nella solitudine della sua grandezza d’animo, nel suo vedere il mondo e le cose con uno sguardo unico e intenso, troppo spesso sofferente per le atrocità commesse dagli uomini, trovare sollievo e conforto nello scrivere ad un’amica, una donna, che potesse se non comprenderlo del tutto, almeno ascoltarlo.
Trecentocinquanta lettere tra lui e Anna Teresa, frutto di un’amicizia nata nel 1973, prima dell’elezione di Karol Wojtyla al soglio pontificio. È lei a contattarlo per un libro di filosofia scritto dal futuro Papa. Una corrispondenza sempre più intensa che fa nascere una stretta amicizia testimoniata non solo dalle missive ma da decine e decine di fotografie.
Passeggiate in montagna, vacanze sugli sci e anche in campeggio con un gruppo di altre persone sono gli scatti rivelati in esclusiva dalla Bbc.

Non so voi, ma io al sentire questa notizia mi sono emozionata, quasi appassionata, come se leggendo un romanzo l’ennesimo colpo di scena mi abbia svelato un inedito lato del protagonista.
Papa Wojtyla, apprezzato e amato per il suo carattere autoritario, forte, fermo ma anche caritatevole, buono e santo, mostra a distanza di 11 anni dalla sua morte la sua duplice naturale, di santo ma anche di uomo, un uomo come tanti altri.

Tanto forte nella sua spiritualità, a capo di un enorme gregge fatto di fedeli e non che nella vita si sono avvicinati a lui, prima ci ha mostrato una fermezza, un’autorevolezza e una determinazione uniche, poi però ci ha fatto vedere il suo lato umano, quello di chi può sbagliare anche se si è a capo della Chiesa con quel “Se mi sbaglio mi corrigerete”, poi quello della sofferenza, con quel suo vivere la malattia davanti agli occhi di tutti, rendendo partecipi del proprio dolore un popolo intero, che negli ultimi anni lo guardava fragile, tremante e malato andare avanti sulla strada del suo destino, con la fierezza e la determinazione di un leone ferito arrivato alla fine dei suoi giorni.

Ora infine conosciamo il suo essere uomo capace e bisognoso di amare. Nella solitudine della sua esistenza, fatta di un destino già scritto, una vita pronta al sacrificio e alla santità, come il figlio di Dio, lui mostra con queste lettere di essere un uomo. Non deve spaventare tutto questo, ma anzi farcelo vedere ancora più grande perché l’amore per una donna, un sentimento intellettuale e spirituale, mai fisico, è l’ennesima testimonianza del suo straordinario operato.

Leggendo le missive si scoprono parole forti che descrivono questa amicizia intima: termini come “Ti appartengo” o la descrizione della Tymieniecka come un “dono di Dio“.

Ventisette anni di pontificato al servizio di Dio e degli uomini, ventisette anni d’amore verso la sua vocazione, ma anche per uomini e donne che gli sono stati vicini.
L’universo femminile poi è stato di fondamentale importanza per lui, che nel 1995 ha dedicato persino una lettera alle donne nella quale celebrò il “genio femminile”, le cui parole oggi sembrano assumere ancora più significato, perché rivolte a tutte, Anna Teresa compresa:

Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani.

E poi quel porre l’attenzione sul passo della Genesi: « Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile ».

L’amore tra lui e Anna fu questo: un aiuto per compiere il suo destino, un porto sicuro a cui rivolgersi per dialogare sulla vita e trovare conforto, un rimedio alla solitudine di un uomo grandissimo, capace di amare e di essere santo al contempo, ma sempre con l’anima rivolta a Dio.