Ai piedi del Monte Bianco il Bien Vivre dell’Auberge de la Maison, dove soggiornare è un’esperienza di stile che emoziona


C’è un luogo ai piedi del Monte Bianco che sembra essere uscito dalle favole. Quelle dell’infanzia, quelle più dolci, quelle dove lasciarsi cullare è un’emozione indimenticabile.
Auberge de la Maison è tutto questo e molto altro. Non un semplice hotel, ma uno chalet di montagna per il suo calore, una casa per le mille attenzioni della padrona di casa, Alessandra Garin, un relais di charme per la raffinata cura nel fare ospitalità.
Qui è possibile vivere una vacanza all’insegna della natura da condividere con la propria famiglia, un romantico week end tra le coccole della spa e una cena a lume di candela, o una rigenerante fuga solitaria per rilassarsi e ritrovarsi.
Comunque lo si viva l’Auberge è un posto magico e vi regalerà momenti speciali da conservare per sempre nel vostro cuore.

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I giochi che raccontano la famiglia di oggi e smettono di far sognare

Una volta i giocattoli avevano il compito di far sognare, ora di essere politically correct. Ma sarà proprio questo di cui hanno bisogno i bambini di oggi?
Dopo la Barbie curvy arriva ora la coppia moderna by Lego.
Il nuovo papà dell’azienda di mattoncini più famosa al mondo va a braccetto con una mamma in carriera in abiti da lavoro.
Lui, look hipster, biberon in mano e passeggino da spingere nell’altra, è il papà del 2016.
Perché è questo che vogliamo dire ai nostri figli: se sei donna hai la possibilità di fare ciò che vuoi, sia esso la manager o la showgirl, lasciando alle antenate il compito, chissà perché anticamente femminile, della madre; al contrario se sei uomo finalmente puoi fare il mammo e goderti il meglio della paternità.
E così i bambini nei loro giochi possono “sognare” il mondo di oggi: con Camilla, 5 anni, che al solo sentire parlare di fare la mamma ha un conato di vomito, affermando che lei non appartiene a nessuno e che da grande farà l’imprenditrice, e Marco, 6 anni, che invece di immaginarsi dietro ad una grande scrivania a dirigere un’azienda aspetterà con ansia il momento di cambiare pannolini e accompagnare al parchetto i figli al fianco di altri papà come lui.

La famiglia cambia e così anche i giochi dei piccoli. Ma siamo sicuri di non danneggiare la cosa più bella che un bambino può avere, l’immaginazione e la possibilità di sognare?
Per fortuna quando chiedo a mia figlia cos’ha sognato la notte prima mi sento rispondere ancora “cavalli alati, sirene e gattini da coccolare”, ma presto sono certa che questi sogni ingenui e fantasiosi svaniranno per lasciare il posto a qualcosa di diverso.
Le aziende di giocattoli non leggono più fiabe e hanno smesso anch’esse di sognare al fianco dei loro piccoli clienti: ora si pensa a fare una bambola con qualche kg in più perché così è più giusto, perché questo aiuterà chi è in sovrappeso ad accettarsi (ne siamo certi?) o a realizzare un personaggio disabile sulla sedia a rotelle con un cane guida al fianco come qualche mese fa la stessa Lego ha fatto.
Il prossimo passo, dopo la votazione al ddl Cirinnà, sarà di vendere a coppie due Barbie o due Ken con veli da sposa abbinati? E tutto questo per essere politicamente corretti? Forse è proprio questo invece il modo per creare categorie e sottocategorie.

Sono certa che i bambini abbiano occhi capaci di vedere ancora meglio di noi ed è attraverso di essi e gli insegnamenti che quotidianamente noi adulti gli trasmettiamo che possono capire il mondo e quello che li circonda, col tempo anche le sue ingiustizie e i suoi difetti.
Ma ai giochi no, lasciamo solo il compito di divertire e far sognare.
E ricordiamoci ogni tanto le parole di una canzone del cartone animato Disney “Peter Pan“:

“E ora cercate di sognar
sol chi sogna può volar.
Con un allegro pensier
puoi la gioia suscitar
pensa ai doni di Natal
le vacanze ed i regal
vedrai che fino in ciel
puoi volar
puoi volar
puoi volar
a cose belle pensar
dà le ali per volar
nell’amore credi ancor
sui suoi raggi puoi viaggiar
nel cielo scivolar
puoi volar
puoi volar
puoi volar […]”

Tutti avevano paura di Elton e poi invece è stato Eros a parlare di famiglie e unioni

Erano rimasti tutti a bocca asciutta la prima sera: da una parte i sostenitori delle unioni civili, che speravano in un messaggio forte e netto da parte di Elton John, dall’altra i conservatori del matrimonio tradizionale, contrari al ddl Cirinnà, che erano inorriditi al pensiero del cantante inglese sul palco dell’Ariston magari accompagnato dal marito.
Niente di tutto questo: un’esibizione da pelle d’oca come sempre seduto al pianoforte e due o tre domande a cui rispondere, si pensa addirittura concordate precedentemente e imbeccate da dietro le quinte.

A riaccendere però le speranze degli uni e degli altri ci ha pensato ieri sera l’Eros nazionale, il superospite della seconda serata.
Dopo un medley di grandi successi con in sequenza “Terra Promessa”, “Una storia importante” e “Adesso tu”, il cantante, partito proprio dal palco dell’Ariston, ha tirato fuori lunghi nastri arcobaleno e ha cominciato a sventolarli con passione sul palco.

E’ nella chiacchierata poi con Carlo Conti, accomodati sui gradini del palco, che si va però subito al sodo parlando di famiglia e lì Eros dà il meglio di sé. “I figli fanno famiglia e la famiglia è importante, qualsiasi essa sia. Questa cosa che porto (ovvero i nastri arcobaleno) è importante!”.

Non sapremo mai se era tutto previsto o se Eros ha fatto il battitore libero. Fatto sta che sul palco dell’Ariston finalmente, come tutti si aspettavano, le unioni civili e il tema della famiglia stanno diventando i veri protagonisti.

Ma quella di Sanremo non è stata la sola occasione per il cantante di parlare di famiglia e soprattutto della sua “allargata”. Proprio questa settimana sul nuovo numero di Chi in edicola eccolo in copertina con la moglie Marica Pellegrinelli e i suoi figli, per la prima volta tutti insieme, compresa Aurora.

Matrimonio, adozioni e famiglia: dopo le piazze, il Pirellone e i toni forti ora la parola va ai diretti interessati con un’intervista multipla da leggere tutta d’un fiato

 

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Se come scrisse Shakespeare in Troppo rumore per nulla “Il silenzio è il più perfetto araldo della gioia” di chiasso in questi giorni se n’è fatto molto per parlare di qualcosa che dovrebbe riguardare l’amore e la felicità. Prima la criticata scritta sul Pirellone a sostegno del Family day, poi il selfie con dito medio e bacio tutt’altro che saffico ai piedi del palazzo incriminato, infine le piazze gremite con le sveglie in mano a rivendicare diritti per le coppie gay in nome del sentimento ma non solo.
Tutti hanno parlato chi con toni troppo accesi e chi sguaiatamente quando invece è con tutt’altri modi che l’umanità ha conquistato i propri diritti più importanti: non striscioni dai volgari insulti alle istituzioni, non lascivi comportamenti da adolescenti davanti alle istituzioni pubbliche e nemmeno boicottando aziende che rappresentano il fiore all’occhiello del nostro Paese per il solo fatto di essere pro Family Day.
Ognuno sembra avere ben chiara in testa un’opinione e come sempre in Italia sembra che essa sia o bianca o nera, senza nessuna possibilità di sfumature e mediazioni e questo a parer mio è assurdo soprattutto quando si parla di temi importanti come il matrimonio, l’amore o quando addirittura si chiamano in causa perfino i bambini.
Ho voluto così dar voce a quattro persone, quattro uomini gay che la pensano in modo diverso su queste tematiche per soffermarci a riflettere un attimo perché una cosa sono gli striscioni e gli slogan politici e ben altra la quotidianità fatta di pensieri, parole e fatti.
C’è Antonio, designer toscano dall’animo focoso, che da un lato si dice orgoglioso delle piazze di questo fine settimana, dall’altro trova inaccettabile il comportamento delle istituzioni; Massimo, dirigente d’azienda, che chiede semplicemente il diritto alla normalità in nome dell’amore; Angelo, hair stylist milanese, che ai diritti da chiedere affianca anche i doveri che troppo spesso vengono taciuti per comodo, e infine Max, stilista appassionato, che crede nella famiglia e che vorrebbe più tutele dallo Stato.
E voi cosa ne pensate? Intanto… buona lettura!


Cosa ne pensi dei fatti di questo fine settimana: la manifestazione “Svegliati Italia” nelle piazze del Paese da una parte e la scritta Family Day dall’altra? Quali sono state le tue emozioni in merito?
Antonio – La manifestazione svegliati Italia è stata una delle cose più belle degli ultimi anni. Una mobilitazione di massa e trasversale che ha unito gli italiani civili ,onesti, democratici, laici e non , nell’affermare quello che dovrebbe essere sempre stato: UGUALI DIRITTI PER TUTTI
La scritta sul pirellone…l’ennesima figuraccia planetaria di un gruppo di politici retrogradi e beceri che in realtà mettendosi così in ridicolo hanno rafforzato il messaggio di svegliati Italia . Dei geni della comunicazione.

Massimo – Sono molto felice per il gran numero di persone che ha voluto mostrare la parte buona, ottimista e serena della nostra società. Per le prese di posizione al Pirellone, alla fine riesco solo a sentire una gran pena: ci sono purtroppo persone che scelgono di ignorare i cambiamenti, che vivono il un mondo lontano dalla realtà e che non hanno gli strumenti (e probabilmente non li cercano) per rendersi migliori.

Angelo – Penso che entrambe abbiano il diritto di avere un loro spazio nella società moderna. Il mio pensiero è che le manifestazioni della comunità omosessuale, rischiano sempre di cadere nel ridicolo e nell’esagerazione. C’è bisogno di normative ma…….non dimentichiamo che tutti siamo nati da una famiglia tradizionale.

Max – Sarebbe veramente facile fare della polemica su quanto accaduto lo scorso fine settimana, perchè la scritta apparsa sul palazzo della Regione ha fatto fare una figura ridicola alla nostra meravigliosa città col resto del mondo. Ma vale invece la pena di fermarsi ad osservare in quanti sono scesi in piazza con decisa compostezza ad urlare “Sveglia”. Difficile far finta di niente, difficile non ascoltare quello che il popolo chiede. Eravamo veramente tanti, tantissimi. Un fortissimo segnale che non può non avere un lieto fine.

Diritto all’amore o diritto alla famiglia: di cosa credi ci sia più bisogno oggi. E di cosa tu senti la necessità?
Antonio – Non riesco nemmeno a concepire la domanda…diritto all’amore?
Sento la necessità di leggi che riconoscano pari diritti al 100% a qualsiasi tipo di unione, sento la necessità di leggi severe che puniscano omofobia , femminicidio, discriminazione razziale e bullismo. Sento la necessità di vivere in un paese civile e laico come la maggior parte del mondo.

Massimo – Non è una scelta tra opposti. C’è bisogno di tutt’e due. Fare famiglia dovrebbe essere semplicemente rendere visibile e concreto un amore. E questo è sempre necessario!

Angelo – Il diritto all’amore lo abbiamo tutti! Il diritto alla famiglia anche, ma non si parla mai di doveri?
Se mettiamo al primo posto il rispetto altrui come DOVERE, non credi che tanti problemi sarebbero risolti? Questo è ciò di cui c’è bisogno.
Io l’amore ce l’ho e non ho bisogno di avere consensi; il mio rapporto sentimentale è famiglia ( sebbene abbia bisogno di riconoscimenti legali).

Max – Il diritto all’amore credo non debba concedercelo una legge, chi ci crede riuscirà comunque ad amare. Il diritto a una famiglia, invece, ha bisogno di riconoscimenti e tutele. Effettivamente per tutte le coppie di fatto che vogliono costruire una famiglia oggi, non esistono tutele o riconoscimenti dal nostro governo, e lo trovo vergognoso, siamo ormai fra gli ultimi paesi al mondo a non aver preso ancora provvedimenti.

Senti di non avere diritti nel vivere la tua omosessualità? Se sì quali sono quelli che ancor oggi mancano?
Antonio – La mia sessualità la vivo ormai da tanti anni serenamente e senza nascondermi trovo tuttavia svilente e offensivo dovermi a volte classificare. I diritti ad oggi mancano tutti.

Massimo – Il diritto fondamentale che manca è quello alla normalità. Il diritto di essere “diverso” me lo conquisto quotidianamente, ma essere considerato uguale agli altri può venire solo dal riconoscimento sociale. Riconoscimento non di una minoranza, ma la “banale” considerazione che non c’è nessuna diversità.

Angelo – Il mio essere omosessuale ed il vivere questa condizione avrebbe bisogno solo del rispetto che io do agli altri e, sarò fortunato, ce l’ho.
Mancano solo i diritti alle coppie non convenzionali così come a quelle convenzionalmente riconosciute.

Max – Vedi, io non ragiono da omosessuale, ma da cittadino italiano. Finora non ho mai subito nessuna forma di discriminazione, ho vissuto la vita come volevo senza pormi mai grandi interrogativi. Ho sempre avuto dalla mia parte la mia famiglia, i miei genitori, mia sorella. Non ho mai avuto motivo di sentirmi diverso da altri. Ma ci sono tantissimi ragazzi che affrontano la vita da soli e se ci fossero dei diritti legalizzati, sicuramente si sentirebbero più sicuri, tutelati.

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Quel mostro di suocera: invadente e troppo vicina


Jane Fonda, in un cammeo degno di un Oscar nel film “Quel mostro di suocera”, è riuscita ad incarnarne vizi e debolezze tanto da farne un vero e proprio ritratto di quello che per molte nuore rappresenta la madre del proprio amato. Guardando il film, sembravano essere esagerati i macchinosi artifici della regina dell’aerobica per mettere a tappeto la futura sposa del figlioletto tanto amato, eppure stando al sondaggio che sta circolando in questi giorni la suocera italiana sembra davvero un mostro. Immagine stereotipata o dura realtà?
Secondo il sito internet matrimonio.it infatti il 37% delle intervistate lamenta l’eccessiva invadenza ed intromissione nella vita di coppia da parte della suocera. Continua a leggere